di Steven Spielberg.
con: Roy Scheider, Richard Dreyfuss, Robert Shaw, Lorrainne Gray, Murray Hamilton, Karl Gottileb.
Thriller
Usa 1975
Di epiteti, Steven Spielberg ne può contare davvero tanti: dal famoso "Re Mida di Hollywood" a "regista più sopravvalutato di sempre", passando per alcuni decisamente poco lusinghieri come "buffone", "istrione" e "autore bollito", termini e soprannomi non gli mancano davvero. E' curioso, tuttavia, constatare come in questo marasma, forse nessuno ha avuto mai il coraggio o la lungimiranza di etichettarlo con un termine che, a ben vedere, si attanaglia perfettamente alla sua filmografia e, in parte, alla sua visione autoriale: quello di "perfetto regista di genere".
Questo perché quasi tutti i migliori esiti del suo cinema (se si escludono tra i migliori, in sostanza, solo tre titoli, ossia "L'Impero del Sole", "Schindler's List" e "Munich") sono tutti rigorosamente film di genere, come il suo folgorante esordio "Duel" (1971), l'imprescindibile "I Predatori dell'Arca Perduta" (1981) e lo sfavillante "Le Avventure di Tin Tin- Il Segreto dell'Unicorno" (2011). Oltre, naturalmente, a "Lo Squalo", il suo primo vero capolavoro.
Cosa poco nota al grande pubblico è invece la difficilissima gestazione di tutto il progetto. Alla base c'è il romanzo omonimo di Peter Benchley, ex giornalista e assistente del presidente Lyndon Johnson, il quale si era rivelato un successo a sorpresa. La Universal ne acquista i diritti e ingaggia lo stesso Benchley per scriverne la sceneggiatura.
In questa prima versione, così come nelle pagine del romanzo, la storia di Jaws è simile a quella del film finito, ma non i personaggi. Lo sceriffo Brody è un uomo dalla vita tormentata, ingabbiato in un matrimonio infelice con una moglie che non lo ama e che rimpiange la via da ricca socialite che ha dovuto abbandonare dopo aver sposato uno sbirro, mentre Hooper è un affascinante rampollo di ricca famiglia con la passione per la ricerca marina, il quale finisce persino per concupire la signora Brody e portarsela a letto; e il cacciatore di squali Quint è sempre un personaggio ruvido, ma anch'egli decisamente più antipatico. E nella storia fa poi capolino anche una sottotrama che vede il sindaco invischiato in affari con Cosa Nostra.
Spielberg si ritrova al timone del progetto mentre "Sugarland Express" è alle battute finali, portato a bordo dal produttore Richard D. Zanuck, del quale non era neanche la prima scelta. Intrigato dallo script, accetta il lavoro, divenendo il capitano di una nave in tempesta.
Per prima cosa, fa riscrivere la sceneggiatura a Carl Gottlieb e anche a Howard Sackler, che resterà non accreditato, ma il cui apporto è essenziale: è lui ad aver introdotto l'antefatto su Quint e l'agghiacciante racconto della USS Indianapolis, base per una delle scene più memorabili di tutto il film.
L'intento di Spielberg è semplice, ossia semplificare il più possibile storia e personaggi al fine di rendere il tutto più digeribile e coinvolgente, creare un perfetto meccanismo di genere in grado di far colpo sullo spettatore e trascinarlo in due ore di puro spettacolo, in maniera non dissimile dalla lezione data da Alfred Hitchcock, i cui thriller erano memorabili proprio perché alla loro base vi erano dei personaggi semplici nei quali lo spettatore si poteva rivedere. Tuttavia, a causa dello sciopero degli sceneggiatori, le riprese iniziano con una sceneggiatura non ancora completa, ma questo sarebbe stato il problema minore del film.
Per avere un senso di realismo maggiore, Spielberg decide di girare tutte le scene del terzo atto nell'oceano, anche se non lontano dalla riva, con la conseguenza che le condizioni metereologiche finiscono per prolungare la lavorazione e gonfiare il budget, che dai quattro milioni iniziali arriva a nove milioni di dollari.
Quel che è peggio, lo squalo meccanico che lo studio aveva fatto costruire per dar vita allo mostro del titolo inizia subito a dare problemi, per un motivo davvero ilare: pare che gli addetti agli sfx lo avessero provato solo in acqua dolce, appena immerso in acqua salata ha iniziato ad arrugginirsi.
Per prima cosa, fa riscrivere la sceneggiatura a Carl Gottlieb e anche a Howard Sackler, che resterà non accreditato, ma il cui apporto è essenziale: è lui ad aver introdotto l'antefatto su Quint e l'agghiacciante racconto della USS Indianapolis, base per una delle scene più memorabili di tutto il film.
L'intento di Spielberg è semplice, ossia semplificare il più possibile storia e personaggi al fine di rendere il tutto più digeribile e coinvolgente, creare un perfetto meccanismo di genere in grado di far colpo sullo spettatore e trascinarlo in due ore di puro spettacolo, in maniera non dissimile dalla lezione data da Alfred Hitchcock, i cui thriller erano memorabili proprio perché alla loro base vi erano dei personaggi semplici nei quali lo spettatore si poteva rivedere. Tuttavia, a causa dello sciopero degli sceneggiatori, le riprese iniziano con una sceneggiatura non ancora completa, ma questo sarebbe stato il problema minore del film.
Per avere un senso di realismo maggiore, Spielberg decide di girare tutte le scene del terzo atto nell'oceano, anche se non lontano dalla riva, con la conseguenza che le condizioni metereologiche finiscono per prolungare la lavorazione e gonfiare il budget, che dai quattro milioni iniziali arriva a nove milioni di dollari.
Quel che è peggio, lo squalo meccanico che lo studio aveva fatto costruire per dar vita allo mostro del titolo inizia subito a dare problemi, per un motivo davvero ilare: pare che gli addetti agli sfx lo avessero provato solo in acqua dolce, appena immerso in acqua salata ha iniziato ad arrugginirsi.
La lunga lavorazione ha provato Spielberg nel profondo, ma gli ha anche permesso di mettersi alla prova: con la paura costante di un licenziamento in tronco, ha dovuto adattarsi alle circostanze e ricreare da zero le sequenze di tensione. Ed è qui che ha dimostrato il suo effettivo valore di artista con una trovata geniale, ossia mostrare il mostro meno possibile, usare quasi sempre le sue soggettive, trovata che farà scuola, facendo ricorso agli effetti solo quando strettamente necessario.
E lì dove la pura inventiva non ha potuto salvare la costruzione delle scene, ci hanno pensato fortunatamente i suoi assistenti: lo score di Williams è perfetto tanto nel creare tensione quanto nell'accompagnare i momenti più rilassati, mentre l'ottimo montaggio di Verna Fields riesce davvero ad unire un girato talvolta ottenuto per puro miracolo.
Sempre rifacendosi ad Hitchcock, Spielberg usa la tecnica del "crescendo" per la costruzione di ogni singola sequenza di tensione. La paura cresce a poco a poco, sottolineata dalle note di Williams, usate come effettivo strumento di costruzione della scena, divenendo parte integrante ed essenziale del meccanismo grammaticale. Ad una costruzione certosina si giustappone la velocità del climax, che porta ad esplodere la tensione in attimi brevi, dove la bestia uccide la vittima di turno o, con un'inversione verso l'anticlimax totale, si scopre come la minaccia fosse infondata.
Quando poi Spielberg decide di usare i più comuni jump-scare, questi risultano efficaci poiché non vi è un abuso, riuscendo davvero a spaventare.
Altrettanto efficace è la caratterizzazione dei personaggi, aspetto del film sul quale spesso si glissa. A partire dal vero villain del film, ossia il sindaco di Amity, la cittadina nella quale si svolgono gli eventi. Il sindaco è un personaggio sgradevole, un magnate preoccupato solo del profitto, disinteressato al benessere della comunità, il quale finisce per causare la morte dei suoi cittadini perché antepone il benessere economico al resto.
I tre protagonisti sono poi altrettanto interessanti. Brody è un tutore della legge apprensivo, il quale deve superare la propria fobia dell'acqua per poter compiere il proprio dovere. Hooper un "pescecanologo" di buona famiglia che si sporca le mani per dimostrare di essere un vero uomo; mentre Quint è letteralmente un moderno capitano Ahab, la cui ossessione si rivela fatale.
E' nel terzo atto che l'estro di Spielberg tocca il vertice massimo. Da un lato concede spazio ai tre protagonisti, che confrontandosi e confessandosi riescono ad incrementare il coinvolgimento; dall'altro riesce a muovere con efficacia la macchina da presa in pieno oceano, mostrando polso fermo ed incredibili capacità di coordinazione, prova della sua grandezza come regista, che qui giunge ad una prima, perfetta maturazione.
Come si suol dire, il resto è Storia: Lo Squalo esce nei cinema statunitensi il 20 giugno 1975 (in Italia arriva il 19 dicembre) per poter approfittare delle vacanze estive come gimmick distributiva e la Universal adotta una strategia quasi inedita per la distribuzione, ossia l'uscita in contemporanea in tutto il Paese al posto di una distribuzione graduale (cosa avvenuta in precedenza per "Il Padrino" nel 1972) e gli incassi esplodono, con un totale di oltre 240 milioni in patria e circa 300 nel resto del mondo. Nasce così la moda del blockbuster estivo, con la distribuzione dei titoli di punta che da adesso in poi avverrà solo in estate. Lo Squalo non è stato il primo vero blockbuster della storia: già "L'Esorcista" (1973) aveva creato, un paio di anni prima, il fenomeno delle file chilometriche fuori dalle sale, ma il primo che è riuscito a rendere comune questo fenomeno.
La moda dei "b-movies" come campioni di incassi inizia qui, seppellendo le ambizioni del produttore Irwin Allen, i cui film catastrofici con un cast di divi spariscono a confronto della maestria di Spielberg e soci. E il filone degli "squali assassini" nasce praticamente qui per avere una fortuna imperitura, benché fatta quasi esclusivamente di pellicole di secondo e terz'ordine.
Mentre per Spielberg sarà il vero inizio di una carriera roboante.