di Allen Coulter.
con: Adrien Brody, Ben Affleck, Diane Lane, Bob Hoskins, Robin Tunney, Kathleen Robertson, Lois Smith, Philio Mackenzie, Caroline Dhavernas.
Biografico/Giallo/Drammatico
Usa, Canada 2006
Nel Maggio 1995, alla notizia dell'incidente che paralizzò a vita Christopher Reeve, la mente di molti spettatori e dei fan dell'Uomo d'Acciaio di casa DC non poté che correre ad un altro tragico evento che colpì uno degli storici interpreti di Superman.
Il 16 Giugno 1959, il corpo di George Reeves, che prestò volto e corpo a Superman a partire dal 1951, venne ritrovato senza vita nella sua casa di Los Angeles. Morto a soli 45 anni, Reeves lasciò un segno indelebile nella cultura popolare e per anni fu il suo volto ad essere quello associato direttamente al personaggio.
Ma il suo nome e la sua morte sono ricordate tutt'oggi per il mistero che ancora li permea. Sebbene inizialmente registrato come suicidio, il decesso lasciò perplessi molti di coloro che assistettero alla scena del crimine e soprattutto di chi conosceva la tumultuosa vita privata dell'attore.
Nel 2006, oltre cinquant'anni dopo gli eventi, Hollywood decide di rievocare la figura di Reeves in Hollywoodland, mix tra crime drama e biografia vera e propria atto a chiarire molti dei lati oscuri della vita e della morte dell'interprete.
Un'opera che all'epoca venne accolta molto bene: Allen Coulter ricevette una nomination come miglior regia al Festival di Venezia e la performance di Ben Affleck, che una decina d'anni dopo, paradossalmente, avrebbe combattuto Superman in Batman v. Superman- Dawn of Justice, gli valse parecchi riconoscimenti, compresa la Coppa Volpi.
Hoollywoodland rievoca la morte di Reeves tramite gli occhi di Louis Simo (Adrein Brody), immaginario detective privato losangelita incaricato di scoprire la verità dietro la morte dell'attore. La vita di quest'ultimo viene ricostruita per il tramite di flashback atti a disvelarne l'ascesa alla fama e la caduta in disgrazia, entrambe dovute a due figure femminili: l'amante Toni Mannix (Diane Lane), moglie di Eddie Mannix (Bob Hoskins), boss della MGM (la cui figura sarebbe poi stata rievocata dai fratelli Coen in Ave, Cesare!) e la fidanzata Leonore Lemmon (Robin Tunney).
Le ipotesi sulla morte di Reeves sono tre, ossia suicidio, omicidio per mano della Lemmon e assassinio per conto di Mannix, scontento di come la sua relazione con la Lemmon avesse causato la depressione della moglie Toni.
Coulter e lo sceneggiatore Paul Bernbaum decidono di non dare una risposta al mistero, propongono tutte e tre le piste e lasciano che sia lo spettatore a decidere cosa davvero sia successo quella fatidica sera. Il focus del film riguarda piuttosto la persona di Reeves e, soprattutto, il mondo in cui questo si muove, un mondo fatto di gelosia e invidia, dove non esistono valori umani comunemente intesi.
Hollywood è il luogo dei sogni, ma la fama è sempre un'arma a doppio taglio. Una statuizione che nel 2006 era già vecchia, ma che qui trova la giusta forma.
Reeves diventa una star dalla sera alla mattina, ma le sue ambizioni vengono frustrate dal typecasting: a metà degli anni '50, essere il volto del supereroe per antonomasia era motivo di scherno e il costume di quello che già all'epoca era un'icona popolare non era percepito diversamente da quello di un comune clown.
Reeves diventa così l'ennesima vittima della cultura dell'apparire, di un mondo dove a nessuno importa davvero del talento o dell'ambizione, solo della vendibilità di un volto. Nella rievocazione tornano alcuni degli episodi più famosi a lui associati, come la proiezione test di Da qui all'Eternità durante la quale il pubblico rideva ad ogni sua apparizione e persino l'aneddoto secondo cui ad un evento pubblico un bambino cercò di sparargli con una vera pistola, per scoprire se fosse davvero a prova di proiettile, confinato in un sogno di Simo vista la sua poca plausibilità.
Il personaggio di Simo, poi, da buon detective, è lo strumento con il quale scandagliare la corruzione sottostante al business spietato, con i capi degli studio che arrivano ad utilizzare la polizia per spazzare lo sporco sotto al tappeto. A Hollywood non c'è genuinità, ciò che conta è la pura apparenza, dunque anche il mistero della morte di un attore è meglio che resti tale, con il fardello dell'indecifrabilità degli eventi che viene simboleggiato dalla figura dell'anziano culturista, apparizione lynchiana che accompagna Simo ogni qual volta sembra progredire con l'indagine.
Su tutto vige una coltre di tristezza, un'atmosfera mesta e funerea. La fotografia di Jonathan Freeman (poi attivissimo in televisione) desatura i colori e li vira al seppia, tecnica solitamente utilizzata per generare un sentimento nostalgico, che qui viene sostituito da uno di pura tristezza.
Hollywood diventa così non il luogo in cui i sogni si avverano, ma quello in cui sogni e ambizioni finiscono per morire, parabola malauguratamente calzante se si guarda alla figura di Reeves.
Laddove il cast fa il suo dovere e persino Ben Affleck riesce a creare un personaggio affascinante e empatico, la regia di Coulter è forse troppo vicina ad un formato televisivo, troppo ancorata alle parole della sceneggiatura, adagiandosi su di una narrazione "classica" che riesce sicuramente a trasmettere il giusto mood, ma che a tratti si dilunga sin troppo senza che nulla venga davvero aggiunto alla narrazione.
Hollywoodland è così un ritratto riuscito, anche se non memorabile, una rievocazione di una figura suo malgrado tragica che ha fatto epoca, nonostante oggi sia poco ricordato.