martedì 6 agosto 2013

Superman Returns

di Bryan Singer

con: Brandon Routh, Kevin Spacey, Kate Bosworth, Frank Langella, Parker Posey, James Marsden, Eve Marie Saint, Marlon Brando.

Supereroistico

Usa (2006)














Alla sua uscita, "Batman Begins" (2005) non fu certo il miglior incasso della stagione e perfino l'accoglienza della critica non fu florea; tuttavia, il film di Nolan dimostrò alla Warner come il lavoro di un autore serio su di un personaggio collaudato potesse generare comunque una pellicola interessante e di buon successo; appena un anno dopo, ecco così arrivare in sala un nuovo lungometraggio su Superman, un film ambizioso che doveva rilanciare il personaggio al cinema dopo il disastro di "Superman IV" (1987).
Il quinto film sul padre di tutti i supereroi era però in cantiere già da una quindicina d'anni.
Inizialmente, la Warner voleva creare un seguito diretto degli exploit con Cristopher Reeve e arrivò perfino ad ingaggiare il compianto interprete per dare nuovamente volto e colpo al personaggio. Sfortunatamente, il tragico incidente che lo paralizzò, nel 1995, forzò la major a cambiare i piani in corso d'opera.
Il progetto divenne così quello di un reboot totale, magari da affiancare al Batman di Schumacher, che nel frattempo raggranellava consensi al botteghino. Ribattezzato "Superman Lives", il nuovo film venne messo in mano al pittoresco produttore Jon Peters, il quale ingaggia subito Tim Burton per la regia e Kevin Smith per scrivere la sceneggiatura, oltre che Nicolas Cage per interpretare l'Azzurrone (!!!). Progetto che malauguratamente si arena a due settimane dall'inizio delle riprese, complici la pessima accoglienza di "Batman & Robin" e i flop di incassi di alcuni kolossal targati Warner bros. (su tutti quello di "Wild Wild West").
Il nuovo Superman cambiò così team creativo per l'ennesima volta. Ribattezzato "Superman Flyby", il progetto prese nuovmaente le mosse da uno script di JJ Abrams per la regia di McG, ma lo stop era nuovamente dietro l'angolo: quest'ultimo si rifiuta di girare in Australia a causa della sua fobia degli aerei...
Ma il reboot dell'amato supereroe non poteva mancare. La regia venne così affidata a Brett Ratner, mente dietro "Rush Hour", non proprio il soggetto che sembra più portato per un blockbuster supereroistico. Tanto che succede una cosa stramba: Ratner abbandona la regia per poi dedicarsi a "X-Men- Conflitto Finale" e Bryan Singer, inizialmente impegnato proprio con il terzo film degli X-Men, si spostò su Superman.
La sua visione per il nuovo film sull'Uomo d'Acciaio è del tutto particolare: non un reboot, non un quinto capitolo vero e proprio, nonostante sia ambientato poco dopo gli eventi di "Superman II", questo "Superman Returns" (chiamato così in ossequio al mitico "Batman Returns") è un omaggio al Superman di Donner, immerso in una nostalgia tangibile. E l'esito, sfortunatamente, convince solo in parte.


La storia parte da uno spunto quantomeno interessante: Superman (Brandon Routh) è sparito da diversi anni, la Terra non può più contare sul suo paladino; l'assenza dell'eroe è presto giustificata: è partito per trovare i resti di Krypton e conoscere meglio le sue origini; tornato sulla Terra, l'eroe deve riguadagnare la fiducia dei suoi abitanti, affrontare la sua nemesi di sempre Lex Luthor (Kevin Spacey) e far fronte ad un'inedito problema: la bella Lois Lane (Kate Bosworth) si è sposata ed ha persino un figlio non suo.


Una trama del genere ben avrebbe potuto portate alla riflessione su temi sempre interessanti: la scoperta dell'Io, delle proprie radici e del proprio posto nel mondo, filtrato attraverso l'ottica di un eroe la cui complessità psicologica è immane; Superman è di fatto un orfano: ultimo figlio di un mondo perduto, cresciuto tra estranei e stretto tra due identità, quella terrestre e quella kryptoniana, talvolta in conflitto tra loro. Di tutto questo, però, Singer e gli sceneggiatori non valorizzano nulla: l'assenza dell'eroe è solo un pretesto iniziale per dare il via alla storia, la quale si concentra unicamente sul rapporto Superman-Lois e sullo scontro con Luthor.
La prima traccia ha più o meno ragione di esistere, soprattutto se si tiene conto di come la Lois qui ritratta non è più solo la giornalista forte e integerrima di Margot Kidder, quanto una donna si forte, ma anche delusa dall'abbandono dell'amato. La relazione tra i due è condotta però in modo bizzarro, con un Superman che si limita ad osservarla nella sua intimità, come un guardone qualunque, una Lois che non fa altro che lamentarsi ed una catarsi che in buona sostanza non risolve nulla, con i due che decidono di restare saldamente ai propri posti, l'uno come eroe, l'altra come moglie di un altro.


Lo scontro con Luthor è poi semplicemente blando. Il piano del genio del crimine è praticamente quello del primo film, ossia creare un'isola per avviare una grossa speculazione edilizia, solo che questa volta è letteralmente fatta di kryptonite, in modo da poter anche eliminare definitvaemente la propria nemesi. Tutto già fatto e già visto, nulla di nuovo, tanto che l'unica nota di colore viene data da Spacey, il cui casting è semplicemente perfetto.
Per il resto, la storia non decolla praticamente mai e lo script resta ancorato ai personaggi, la cui caratterizzazione è sempre basilare, oltre che ad un racconto frammentario, che si compone di singole sequenze talvolta legate insieme alla bene e meglio.



Questo perché l'intento di Singer, in fin dei conti, è uno solo, ossia omaggiare la pellicola di Donner, suo cult personale; ecco dunque tornare le musiche di John Williams, gli iconici titoli di testa e le scenografie; persino Marlon Brando torna, postumo, a vestire i panni di Jor-El, mediante l'utilizzo del materiale non utilizzato per il thetrical cut di "Superman II" (1980); l'unica differenza è nel tono: se i vecchi film erano delle commedie fantastiche, Singer, sostituisce le atmosfere scanzonate e un po' camp con la serietà propria del dramma e del thriller.
Tono serioso che talvolta paga, come nella splendida sequenza sullo yacht di Luthor, davvero tesa, ma talaltra meno, come in quella dove Superman viene pugnalato da Luthor e salvato in extremis in ospedale, dove la sospensione dell'incredulità talvolta vacilla.
Su tutto vige un'aria di incompiutezza, data sia dallo script sconnesso, dove manca persino un confronto finale tra l'eroe e il cattivo, sia da una direzione artistica dubbia: davvero brutto quel costume dai colori spenti e dal simbolo minuscolo, davvero inguardabile quella fotografia fatta di colori slavati, davvero questionabile il casting di Brandon Routh, che ha sicuramente il fisico e il volto da bravo ragazzo americano, ma non di certo il carisma per dare credibilità ad un Superman silenziosamente sofferente; così come lo è quello di Kate Bosworth, che pur bella e brava, è troppo giovane per interpretare una Lois oramai matura e madre di famiglia.


L'intera pellicola finisce così per soffrire di una sorta di schizofrenia: da una parte vi è la volontà di offrire uno spettacolo moderno, confezionato per le esigenze di un pubblico maturo, mentre dall'altro la voglia del suo autore di omaggiare un tipo di cinema naif ormai fuori moda.
Il risultato convince principalmente quando decide di creare sequenze spettacolari, come quella dell'incidente aereo, ma non quando si avvicina ai personaggi. E, malauguratamente, "Superman Returns" vuole essere un film fatto di personaggi piuttosto che di azione e storia. Tanto che persino i fan del Superman di Donner non potranno che annoiarsi davanti ad un'operazione del genere.



EXTRA:

A noi piace ricordarlo così:



Nessun commento:

Posta un commento