con: D' Pharaoh Woon-A-Tai, Will Poulter, Joseph Quinn, Kit Connor, Cosmo Jarvis, Michael Gandolfini, Aaron McKenzie, Alex Brockdorff, Finn Bennett, Evan Holtzman.
Guerra/Biografico
Usa, Regno Unito 2025
Alex Garland è un grande un filmmaker o un borioso artistoide perso in una forma di presunzione compiaciuta?
Perché praticamente tutti i suoi film non possono che essere definiti come presuntuosi; si pensi alle sciatte riflessioni cyberpunk di Ex Machina, al teorema misandrico universale di Men, alla vacua distopia di Civil War o anche solo a quell' Annientamento, letteralmente lo Stalker degli ignoranti, senza contare la recente presa in giro chiamata 28 Anni Dopo. Garland è, in buona sostanza, un autore che parte da ottimi spunti e intuizioni, ma finisce sempre per declinarli in modo superficiale, portandoli in scena come opere d'arte moderne che vogliono imporsi come la pietra angolare di qualche riflessione umana astrattamente importante ma finendo per fare la figura del pretenzioso borioso, appunto.
Un film come Warfare forse nasce proprio da una sentita ricerca di autenticità. Un progetto, quello alla base del film, sviluppato in poco tempo: sul set di Civil War conosce Ray Mendoza, veterano dei Navy Seals divenuto consulente per le scene di guerra. I due formano un forte legame intellettuale e Garland rimane colpito dai suoi ricordi della guerra in Iraq, tanto che decide di creare un film che rievochi un episodio in particolare, ossia un'operazione fallita durante la presa della città di Ramadi.
Quella di Warfare è una cronaca nuda e cruda. Non ci sono abbellimenti, non ci sono sovrastrutture narrative fatte di personaggi, story-arc e sottotrame, non ci sono metafore o analogie, tantomeno dialoghi evocativi. Tutto è dismesso in favore di una verosimiglianza totale, che porta anche ad una forma di allontanamento dalla materia trattata: Garland non prende una posizione antibellica, si limita a portare in scena senza filtri e in modo esplicito tutto l'orrore di un comune giorno di battaglia di una squadra qualunque di seals impegnati in una operazione di routine.
Quello che è emerge è così un racconto genuino, che colpisce proprio per la sua mancanza di velleità, le quali si fermano, appunto, ad un'attentissima rievocazione dei fatti, ottenuta grazie alle memorie di Mendoza (per questo accreditato anche alla regia), oltre che di Eliott Miller e Joe Hildebrand, gli unici ex soldati i cui nomi non vengono modificati nel racconto.
Garland trova così un'autenticità unica, quantomeno nel suo cinema; un'autenticità che il cinema di guerra insegue dai tempi di Salvate il Soldato Ryan e che qui, per una volta, giunge a pieno compimento. Complice anche l'ottima gestione del ritmo: la prima parte, tolto un prologo atto ad introdurre la "mondanità" della vita da soldato, ha un ritmo praticamente fermo, con lo stazionamento del gruppo all'interno dell'appartamento e l'azione di spionaggio verso i soggetti sospettati. La seconda, con l'inizio dell'attacco, è fulminea e alterna sapientemente il punto di vista distorto dei personaggi ad uno oggettivo.
Proprio tale costruzione della vicenda permette a Warfare di trovare un pieno valore: le azioni belliche vengono spogliate di ogni retorica, di ogni epica, di ogni forma di abbellimento per divenire pura e fredda esecuzione di un procedimento atto a uccidere o sopravvivere. In un contesto così anti-spettacolare, quando la violenza entra in scena si fa così insostenibile, davvero disturbante. E grazie al carisma degli attori, quei personaggi i cui ruoli sono totalmente costruiti tramite sguardi e azioni divengono simpatici e il coinvolgimento bene o male non manca, evitando la trappola più ovvia di un'operazione del genere.
Il senso di verosimiglianza è totale, non limitato alla semplice ricostruzione degli eventi o al tono usato nel portarli in scena, ma acuito appunto dal ricorso alle impressioni avute dai singoli personaggi, con il racconto oggettivo che si fa soggettivo solamente quando necessario.
Il tono è quasi sempre coerente, quasi sempre dimesso e subordinato ad una ricostruzione certosina e vivida. "Quasi" perché Garland comunque non rinuncia a caratterizzare alcuni personaggi come i suoi soliti "maschi idioti"; scelta a dir poco stramba, tanto che in quella scena nella quale uno dei soldati di rinforzo finisce per far gridare il commilitone ferito perché continua a incappare nelle sue gambe maciullate, non si può non credere come quel bontempone dell'autore di Men non abbia voluto inserire l'ennesimo inutile affondo atto a darsi un tono di superiorità.
Cadute di stile a parte, Warfare resta un racconto teso e affascinante, un'opera a suo modo unica e intensa. Nonché, forse, l'unico film di Garland che merita davvero la visione e soprattutto l'apprezzamento.
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